G.A.P - Giulia Amandolesi psicologa

Per la giornata mondiale dell’eliminazione della violenza contro le donne, vogliamo provare a spiegare le motivazioni psicologiche sottostanti il mantenimento delle relazioni di abuso, in altre parole, contestualizzare la ragione che porta molte donne a rimanere in rapporti in cui subiscono violenza. E no, il motivo non è riconducibile alla loro debolezza.

Definizione di violenza domestica

La violenza domestica è un insieme di comportamenti abusivi in una relazione che viene adoperato da un partner per ottenere o mantenere il potere e il controllo sull’altro.
La violenza domestica è, però, un fenomeno di genere, in quanto nella maggioranza dei casi descrive uomini che agiscono violenza su donne.
Essa può consistere in azioni o minacce di azioni fisiche, sessuali, emotive, economiche, psicologiche o in altri modelli di comportamento coercitivo. Sono compresi tutti i comportamenti che intimidiscono, manipolano, umiliano, isolano, spaventano, costringono, minacciano o feriscono la vittima. Infatti, non si limita all’uso di violenza fisica, ma il suo mantenimento comprende varie forme di abuso emotivo, quali l'intimidazione o le azioni di controllo, con l'obiettivo di isolare la persona dalla famiglia e dagli amici.

Questo insieme di meccanismi rende la persona vittima di violenza scoraggiata ad allontanarsi per vari motivi, tra cui la paura che le minacce di morte del partner abusante possano effettivamente verificarsi. Inoltre, le persone che subiscono abusi spesso tendono a vergognarsene e a colpevolizzarsi dell’accaduto, contribuendo al loro isolamento.

Dati statistici italiani sulla violenza domestica

Nel 2023 le richieste di assistenza per casi di violenza domestica sono state circa 14.000, dato che rappresenta probabilmente una sottostima, considerata la ritrosia a denunciare.

In più del 60% dei casi, l’autore era una persona vicina alla vittima, in particolare ex marito/partner.

In 2 casi su 5 risultavano minori coabitanti, configurando uno scenario aggiuntivo di maltrattamento infantile.

Perché è difficile uscire da una relazione abusiva?

Come chiedere aiuto se sei in una relazione violenta

La violenza domestica non è un problema di ciascuna singola donna, ma un tema collettivo che parla della società, nella sua interezza. Ognuno di noi, con ascolto e presenza, può essere parte del cambiamento, contribuendo a far sentire le donne meno sole e giudicate. Imparare a conoscere i meccanismi della violenza è il primo modo per aiutarle davvero, e cercare di cambiare noi stessi, insieme al mondo che abitiamo.

Bibliografia

1. Clinic, C. (2024, October 11). The Power and control Wheel: a domestic violence model. Cleveland Clinic. https://health.clevelandclinic.org/power-and-control-wheel](https://health.clevelandclinic.org/power-and-control-wheel)

2. Convenzione di Istanbul (2011).

3. Corn, E., Malgesini, L., & Pezzotta, I. (2024). Era una brava persona. Sguardi sulla violenza maschile contro le donne.

4. Omicidi volontari e violenza di genere. (n.d.). *Ministero Dell‘Interno. https://www.interno.gov.it/it/stampa-e-comunicazione/dati-e-statistiche/omicidi-volontari-e-violenza-genere](https://www.interno.gov.it/it/stampa-e-comunicazione/dati-e-statistiche/omicidi-volontari-e-violenza-genere)

5. Violenza domestica e violenza assistita: nuovi dati. (2024, September 27). Save the Children Italia. https://www.savethechildren.it/blog-notizie/violenza-domestica-e-violenza-assistita-nuovi-dati](https://www.savethechildren.it/blog-notizie/violenza-domestica-e-violenza-assistita-nuovi-dati)

6. Walker-Descartes, I., Mineo, M., Condado, L. V., & Agrawal, N. (2021). Domestic violence and its effects on women, children, and families. Pediatric Clinics of North America, 68(2), 455–464. https://doi.org/10.1016/j.pcl.2020.12.011](https://doi.org/10.1016/j.pcl.2020.12.011)

7. Why people stay in an abusive relationship | The Hotline. (2023, December 15). The Hotline. https://www.thehotline.org/support-others/why-people-stay-in-an-abusive-relationship/](https://www.thehotline.org/support-others/why-people-stay-in-an-abusive-relationship/)

La maggior parte delle coppie nei paesi occidentali si definisce monogama, struttura cioè la propria relazione sulla base dell’esclusività reciproca. Ciononostante, è bene sottolineare che esistano diversi altri modi per stare in relazione. In questo articolo ne illustreremo alcuni.

Cos’è la monogamia?

Intanto iniziamo col dirci cos’è la monogamia. Con il termine monogamia s’intende una relazione coniugale con una sola persona, ma il termine comunemente abbraccia anche un tipo di relazione in cui vi è esclusività sia romantica che sessuale. La forma più comune è la monogamia seriale, nella quale si hanno diversi partner nel corso della vita, ma soltanto uno per volta. Differentemente dalla monogamia tradizionale, che riguarda un impegno di lunga durata o a vita con una persona, la monogamia seriale comprende l’eventualità della rottura e, dunque, di intraprendere nuove relazioni monogame dopo la fine delle precedenti.

Quali altri tipi di relazioni esistono?

Ma arriviamo al dunque, esistono diversi tipi di Non Monogamie Consensuali che si differenziano tra di loro per le diverse caratteristiche sulle interazioni sessuali e/o romantiche con altre persone. Fra esse si annoverano:

Questi tipi di relazione nascono da una negoziazione e un reciproco accordo tra due, o più persone, riguardo “le regole” da seguire rispettivamente per non tradirne la fiducia. Avere una relazione non monogama, infatti, non vuol dire esentarsi dal rispetto della persona con cui si entra in relazione, ma cercare insieme all’altro quali sono i confini entro cui poter esprimersi, sempre all’insegna del consenso.

Perché spesso queste relazioni non ci sembrano “normali”?

Partiamo, anzitutto, da come definiamo qualcosa come “normale”.

Attraverso le norme sociali, le persone definiscono quali sono i modi appropriati di comportamento all’interno del proprio gruppo. Questo insieme di conoscenze rispetto al “cosa sia normale” nasce dal conformismo verso il comportamento praticato dalla maggioranza, al fine di mantenere buone relazioni con il gruppo e non correre il rischio di esserne estromessi.

Perciò la mononormatività, ovvero la norma sociale che prevede l’instaurarsi di relazioni monogame, è un dato culturalmente trasmesso. È importante sottolineare che parte di queste regole siano state applicate con un doppio standard di genere, per il quale è tollerabile che un uomo abbia interazioni sessuali - persino romantiche - al di fuori della coppia, mentre per la donna non lo è.

Anche se le norme sociali tendono ad essere stabili esse cambiano con il variare delle circostanze, come è accaduto negli ultimi decenni con il passaggio dalla monogamia tradizionale alle più frequenti relazioni di breve durata, e all’accettazione della sessualità occasionale.

Il superamento di alcune norme rigide in ambito relazionale sta facendo emergere diverse possibilità in cui una persona o una coppia possono ricercare una maggior soddisfazione autentica.

Purché si tratti di una relazione etica nella quale ci sia rispetto delle regole, parità di genere e consenso, anche queste nuove forme di relazione possono diventare legittime e “normali”.

Come posso instaurare questo tipo di relazione con un partner?

L’identità sessuale e relazionale di ciascuno di noi è complessa, pertanto non possono esistere regole o standard da raggiungere per poter definirsi non-monogami. Si tratta piuttosto di aprirsi con il proprio partner per conoscere e far conoscere i propri bisogni e desideri, in modo da trovare dei compromessi che possano essere di volta in volta ridiscussi per individuare la miglior forma di relazione per tutte le parti.

Le forme di relazione descritte prima sono solo delle categorie linguistiche, ma ogni coppia potrà trovare la formula che rispecchi al meglio le proprie necessità e rispetti i limiti dell’altro.

Di seguito alcuni consigli utili per chi si addentra nel mondo delle non-monogamie:

Bibliografia

Braida, N. (2023). Non-monogamie affettive consensuali e (de) politicizzazione.: Una riflessione sul potenziale trasformativo del poliamore. AG About Gender-International Journal of Gender Studies, 12(23).

En-Griffiths, D., Cardoso, D., En, B., Barker, M. J., Muscarina, S., & Pallotta-Chiarolli, M. (2018). Non-monogamies and contemporary intimacies. Graduate Journal of Social Science, 14, 4-7.

Hogg, M. A., & Vaughan, G. M. (2016). Psicologia sociale: teorie e applicazioni  (2a ed., a cura di Arcuri, L.). Pearson.

Sheff, E., & Tesene, M. M. (2015). Consensual non-monogamies in industrialized nations. In J. DeLamater & R. F. Plante, Handbook of the sociology of sexualities (pp. 223–241). Springer International Publishing/Springer Nature. https://doi.org/10.1007/978-3-319-17341-2_13

Cos’è la sessualità?

La sessualità riguarda ciascuno di noi, seppur in modi diversi, e tocca numerosi aspetti delle nostre vite: il nostro corpo, il nostro piacere, la nostra identità e le relazioni che costruiamo con noi stessi e con gli altri. Per rispondere al meglio a questa domanda, abbiamo pensato di avvalerci di alcuni termini che spesso gli vengono affiancati, come l’erotismo e l’intimità.

L’erotismo è definito come l’insieme delle manifestazioni del desiderio sessuale della persona. Esse possono riguardare il piacere sia fisico che mentale.
Con intimità, ci si riferisce a diversi fattori presenti in una dinamica relazionale come l’apertura, l’onestà e la fiducia.

La sessualità non è un aspetto che si riduce soltanto all’esperienza del singolo individuo, piuttosto è un’esperienza che si co-costruisce all’interno di una dinamica tra due (o più) persone che interagiscono dal punto di vista sessuale. Che si riferisca a una sfera privata - quindi all’atto della masturbazione - o a una sfera relazionale, attraversa un ciclo di risposta sessuale che coinvolge sia componenti fisiche che emotive:

  1. fase dell’eccitazione: può variare da pochi minuti a qualche ora, durante le quali vi è un’attivazione corporea (es. battito cardiaco aumentato, aumento del flusso sanguigno ai genitali, lubrificazione);
  2. fase di plateu: in questa fase vi è un’intensificazione delle attivazioni precedenti;
  3. fase dell’orgasmo: culmine del ciclo, la fase più breve e dura solitamente qualche secondo caratterizzato da contrazioni dei muscoli vaginali nelle donne e dell’eiaculazione dello sperma negli uomini;
  4. fase della risoluzione: in questa fase il corpo torna a un livello normale di funzionamento, accompagnato da un senso di benessere, intimità e stanchezza. Spesso le donne possono tornare rapidamente alla fase dell’orgasmo (con la possibilità di sperimentare orgasmi multipli), mentre gli uomini hanno bisogno di un periodo di recupero variabile.

Quali sono i principali problemi che possono insorgere nella sessualità di coppia?

All’interno di una relazione di coppia (che sia di tipo romantico o puramente sessuale), gli aspetti della sessualità spesso sono molto importanti per lo sviluppo e il mantenimento della soddisfazione, nonché per la stabilità della relazione. D’altro canto, la qualità della relazione stessa contribuisce alla mutua soddisfazione sessuale.

All’interno di una relazione possono presentarsi, sin da subito o con l’avanzare del tempo, alcuni problemi riguardo la sessualità sia nel singolo sia nel nucleo della coppia.

Tra quelli che principalmente colpiscono le donne, vi sono:

Per quanto riguarda gli uomini, solitamente i problemi che impattano sulla loro vita sessuale riguardano:

Inoltre, esistono problemi che possono presentarsi nella dinamica di coppia, come una ridotta frequenza dei rapporti sessuali che produce insoddisfazione o preoccupazione e, per esempio, la presenza di diversa libido nei due partner, portando la persona con maggiore attivazione sessuale a prendere più frequentemente l’iniziativa (nelle coppie eterosessuali solitamente sono i maschi).

Tali problemi sono molto diffusi, specialmente nelle relazioni più durature. Infatti, se da un lato l’avanzare dell’età può portare ad un decremento della frequenza dell’attività sessuale, dall’altro è bene tenere a mente che ogni relazione porta con sé aspetti di mutevolezza. Perciò, è necessario normalizzare alcuni ostacoli nella sessualità di coppia, considerandolieventi normativi e non eccezioni.

Consigli pratici per migliorare la sessualità di coppia

Favorire una sessualità positiva non solo arricchisce la vita sessuale, ma può avere un impatto significativo sulla qualità complessiva della relazione.

Un primo passo importante è dare priorità alla comunicazione all'interno della coppia: parlare apertamente delle proprie preferenze può sembrare imbarazzante, ma è un aspetto cruciale per migliorare la soddisfazione sessuale ed emotiva. Le coppie che si abituano a questo tipo di conversazioni tendono a sperimentare un legame più profondo e una maggiore complicità.

In particolare, le donne possono trarre vantaggio dall'assumere un ruolo più assertivo nella creazione di esperienze sessuali piacevoli. Ciò può avvenire esprimendo con chiarezza ciò che preferiscono durante l'intimità, promuovendo maggiore consapevolezza reciproca e rendendo l’intimità più appagante per entrambi i partner.

Collaborare per costruire un’esperienza sessuale gratificante per entrambi richiede impegno e sensibilità. Investendo tempo nella comunicazione e nella comprensione dei bisogni dell’altro, i partner possono contribuire a una relazione sessuale più armoniosa e soddisfacente.

Bibliografia

Andreoli, G., Rafanelli, C., Gremigni, P., Hofmann, S. G., & Casu, G. (2024). Positive sexuality, relationship satisfaction, and health: a network analysis. Frontiers in Psychology, 15. https://doi.org/10.3389/fpsyg.2024.1420148

Crowe, M. (2012). Couple relationship problems and sexual dysfunctions: therapeutic guidelines. Advances in Psychiatric Treatment18(2), 154–159. doi:10.1192/apt.bp.109.007443

Istituto A.T. Beck. (2021, August 3). Sessualità, desiderio, eccitazione, orgasmo, piacere - Istituto A.T. Beck. https://www.istitutobeck.com/disturbi-sessuali/desiderio-eccitazione-orgasmo-piacere-disturbi-sessuali

Siobhan E. Sutherland, Uzma S. Rehman, Erin E. Fallis, A Descriptive Analysis of Sexual Problems in Long-Term Heterosexual Relationships, The Journal of Sexual Medicine, Volume 16, Issue 5, May 2019, Pages 701–710, https://doi.org/10.1016/j.jsxm.2019.02.015

Stephenson, K. R., & Meston, C. M. (2010). When are sexual difficulties distressing for women? The selective protective value of intimate relationships. The journal of sexual medicine7(11), 3683–3694. https://doi.org/10.1111/j.1743-6109.2010.01958.x

WebMD. (n.d.). Your guide to the sexual response cycle. https://www.webmd.com/sex-relationships/sexual-health-your-guide-to-sexual-response-cycle

Wylie, K. R. (2023). Male sexual dysfunction: Addressing the psychological and physical aspects. Australian Journal of General Practice, 52(1-2), 18-22. https://www1.racgp.org.au/ajgp/2023/january-february/male-sexual-dysfunction

World Health Organization. (n.d.). Defining sexual health. WHO. https://www.who.int/teams/sexual-and-reproductive-health-and-research/key-areas-of-work/sexual-health/defining-sexual-health

Le nostre relazioni precoci influenzano il modo in cui viviamo l’intimità da adulti. Ecco come:

Cos’è uno stile di attaccamento? Cosa significa attaccamento evitante?

Lo stile di attaccamento è la modalità con cui ciascuna persona gestisce le proprie relazioni affettive, e si struttura durante le prime interazioni infantili con i caregiver. Esso dipende in larga misura da quanto il bambino percepisce come disponibile la propria figura primaria di riferimento, soprattutto in termini emotivi.

L’attaccamento si definisce sicuro quando si percepisce il proprio caregiver come disponibile e ci si fida della sua presenza, al contrario si definisce insicuro.
L’attaccamento evitante è un tipo di stile insicuro, nel quale il bambino percepisce il proprio caregiver come distaccato e indisponibile, abituandosi a non richiedere supporto in caso di difficoltà emotiva. È importante sottolineare come, nonostante la persona con stile evitante si presenti come sicura, in realtà non lo sia: la sicurezza relazionale si manifesta quando si cerca prossimità in caso di bisogno, non quando la si evita!
Queste caratteristiche possono permanere sino all’età adulta ed esplicitarsi nelle relazioni amorose.

Come riconoscere l’attaccamento evitante?

Sebbene sia necessaria una valutazione psicodiagnostica per certificare uno stile di attaccamento, esistono alcuni segnali che possono indicare la presenza di tematiche vicine all’attaccamento evitante in età adulta, quali:

  1. Preferenza verso relazioni meno intime ed impegnative;
  2. Atteggiamento autosufficiente e distaccato;
  3. Mancate richieste di aiuto, vicinanza e intimità;
  4. Difficoltà a gestire le emozioni, con conseguente repressione delle stesse.

Queste caratteristiche, quando eccessivamente presenti, portano ad evitare le relazioni intime o ad interromperle bruscamente perché percepite come troppo coinvolgenti. Qualora la relazione riuscisse a durare, potrebbe essere caratterizzata da frequenti litigi circa la freddezza della persona evitante.

Differenze tra attaccamento evitante e tratti caratteriali di indipendenza

È bene tenere a mente che l’attaccamento evitante non è una disposizione caratteriale ma un modalità pervasiva che porta ad evitare l’intimità. Ecco qualche riflessione da tenere a mente:

Come intervenire nei casi di attaccamento evitante

Se le tue relazioni presentano elementi di difficoltà, la psicoterapia può essere di aiuto per rintracciare un filo rosso che possa far luce su modi ricorrenti di sentirsi e relazionarsi.

Insieme ad un terapeuta, potresti riuscire a:


Ricordati, però, che uno psicoterapeuta non si sostituisce al paziente e spetterà sempre a te scegliere ciò che più ritieni giusto.

Bibliografia

Bowlby, J. (1969). Attachment and Loss.
Feeney, J. A., Noller, P., & Hanrahan, M. (2014). Attachment style questionnaire. Journal of Social and Personal Relationships.

Le nostre relazioni precoci influenzano il modo in cui viviamo l’intimità da adulti. Ecco come:

Partiamo dalle basi: cos’è uno stile di attaccamento?

Lo stile di attaccamento è la modalità con cui ciascuna persona gestisce le proprie relazioni affettive, e si struttura durante le prime interazioni infantili con i caregiver. Esso dipende in larga misura da quanto il bambino percepisce come disponibile la propria figura primaria di riferimento, soprattutto in termini emotivi.

L’attaccamento si definisce sicuro quando si percepisce il proprio caregiver come disponibile e ci si fida della sua presenza, al contrario si definisce insicuro.

Cosa significa attaccamento ansioso?

L’attaccamento ansioso è un tipo di stile insicuro, nel quale il bambino prova ansia rispetto all’eventuale indisponibilità del caregiver e la manifesta attraverso bisogno di rassicurazione e paura dell’abbandono.
Queste caratteristiche possono permanere sino all’età adulta ed esplicitarsi nelle relazioni amorose.

Come riconoscere l’attaccamento ansioso?

Sebbene sia necessaria una valutazione psicodiagnostica per certificare uno stile di attaccamento, esistono alcuni segnali che possono indicare la presenza di tematiche vicine all’attaccamento ansioso in età adulta, quali:

  1. Timore di essere trascurati in una relazione;
  2. Bisogno costante di rassicurazione circa la vicinanza del partner;
  3. Gelosia più marcata verso il partner relazionale;
  4. Difficoltà a tollerare la distanza.

Queste caratteristiche, quando eccessivamente presenti in una relazione amorosa, possono creare difficoltà e incomprensioni rispetto alle aspettative di vicinanza e contribuire a strutturare un rapporto di dipendenza non equilibrato per la coppia.

Differenze tra attaccamento ansioso e preoccupazione per la relazione

È bene tenere a mente che preoccuparsi per la propria relazione sentimentale sia comune e non di per sé disfunzionale. Ecco qualche riflessione da tenere a mente:

Come intervenire nei casi di attaccamento ansioso

Se le tue relazioni presentano elementi di difficoltà, la psicoterapia può essere di aiuto per rintracciare un filo rosso che possa far luce su modi ricorrenti di sentirsi e relazionarsi.

Insieme ad un terapeuta, potresti riuscire a:


Ricordati, però, che uno psicoterapeuta non si sostituisce al paziente e spetterà sempre a te scegliere ciò che più ritieni giusto.

Bibliografia

Bowlby, J. (1969). Attachment and Loss.

Feeney, J. A., Noller, P., & Hanrahan, M. (2014). Attachment style questionnaire. Journal of Social and Personal Relationships.

Gli attacchi di panico sono episodi improvvisi e intensi di paura che possono colpire chiunque, anche in assenza di diagnosi di disturbo mentale. Sono caratterizzati da comparsa improvvisa di paura intensa e di relativi correlati fisici apparentemente

senza motivo. I sintomi vengono spesso interpretati come appartenenti a malattia fisica e la loro comparsa è associata all'evitamento delle situazioni in cui si sono precedentemente manifestati.

Come riconoscere un attacco di panico?

È bene sottolineare che l’attacco di panico non è di per sé una diagnosi, ma un insieme di manifestazioni (diversamente dal disturbo da attacchi di panico, che per ora non affronteremo). Secondo il DSM-5-TR un attacco di panico consiste nella comparsa improvvisa di paura o disagio intensi che raggiunge il picco in pochi minuti, periodo durante il quale si verificano almeno quattro dei seguenti sintomi:

Questi sintomi possono essere così intensi da far pensare a chi ne soffre, tipicamente, di avere un infarto o di impazzire. Tuttavia è importante sottolineare che gli attacchi di panico non sono pericolosi per la vita.

Differenze tra attacchi di panico e altri tipi di ansia

Nonostante l'ansia e gli attacchi di panico siano spesso associati, ci sono differenze chiave tra i due:

- L'ansia tende ad essere una reazione più graduale e costante a situazioni stressanti o preoccupanti, mentre gli attacchi di panico sono improvvisi e raggiungono il picco massimo entro pochi minuti. Gli attacchi di panico sono quindi un fenomeno più acuto dell'ansia.

- Gli attacchi di panico sono spesso caratterizzati da sintomi fisici intensi e specifici che non sempre si presentano con l'ansia.

- L'ansia può essere legata a situazioni o eventi che sono noti e spesso è una risposta di natura anticipatoria, gli attacchi di panico possono invece verificarsi senza un apparente fattore scatenante.

- Gli attacchi di panico durano pochi minuti, in alcune rare casistiche fino a una trentina di minuti, mentre l'ansia può persistere per periodi prolungati.

Come intervenire sugli attacchi d'ansia

Se gli attacchi di panico dovessero diventare frequenti, è consigliato rivolgersi ad uno psicoterapeuta. In particolare, la psicoterapia cognitivo-comportamentale si è rivelata molto efficace per questo tipo di sintomi, di cui un aspetto chiave è, generalmente, aiutare la persona a esporsi gradualmente alla situazione che genera attacchi di panico, perché l’evitamento mantiene il sintomo. Un altro tipo di strategia consiste nel focalizzarsi sulla respirazione per ridurre i sintomi fisici dell'attacco di panico: respirare lentamente, profondamente e utilizzando le pause giuste aiuta a far diminuire i sintomi somatici più debilitanti, come la tachicardia.

In conclusione, conoscere gli attacchi di panico e i sintomi relativi è un passo fondamentale verso la loro gestione. Attraverso la combinazione di psicoterapia, alcune tecniche di rilassamento e, se necessario, interventi farmacologici, è possibile ridurre significativamente la loro frequenza e l'intensità: gli attacchi di panico possono capitare a tutti e sono affrontabili!

Bibliografia

Hooley JM, Butcher JN, Nock MK, Mineka S, Psicopatologia e psicologia clinica. Pearson, Milano 2017