G.A.P - Giulia Amandolesi psicologa

Le differenze e i sintomi prima del ciclo: cosa è normale e cosa no?

Hai mai notato come, in alcuni giorni o settimane prima del ciclo, il tuo corpo e la tua mente sembrino cambiare? Molte donne vivono un certo disagio fisico e psicologico durante la fase luteale, con sintomi premestruali come tensione al seno, dolori alla schiena, gonfiore e, a volte, un umore altalenante. Questi disturbi, seppur fastidiosi, sono spesso lievi e gestibili. Ma quando diventano intensi e influenzano la vita quotidiana, potrebbe trattarsi di qualcosa di più serio, come il Disturbo Disforico Premestruale (PMDD).

Quando i sintomi superano il normale fastidio

Alcune donne sperimentano la sindrome premestruale, caratterizzata da sintomi che interessano tre aree:

Nella maggior parte dei casi, questi sintomi compaiono in modo ciclico e variano di intensità di mese in mese. Tuttavia, quando i sintomi, specialmente quelli emotivi, diventano debilitanti e interferiscono in maniera marcata con il lavoro, la vita sociale o altre attività quotidiane, potremmo trovarci di fronte al Disturbo Disforico Premestruale (PMDD). Per diagnosticare il PMDD, è necessario che vi siano almeno un sintomo emotivo e un sintomo fisico o comportamentale, che si ripetano con costanza in diversi cicli mestruali.

Cosa c’è dietro al Disturbo Disforico Premestruale?

Non esiste un’unica causa del PMDD, ma diversi fattori possono contribuire alla sua comparsa:

Questi elementi, combinati, possono far sì che alcuni sintomi premestruali assumano una valenza particolarmente intensa, rendendo necessario un intervento specifico.

Come riconoscere e distinguere i segnali

l Disturbo Disforico Premestruale può essere facilmente confuso con altre condizioni, perché i sintomi possono sovrapporsi a quelli di disturbi come la dismenorrea, la depressione, il disturbo bipolare o i disturbi d’ansia. Inoltre, molte donne con altre problematiche possono notare un peggioramento dei sintomi durante la fase luteale.

Per questo è fondamentale monitorare attentamente il proprio stato: annota i sintomi giorno per giorno per capire se seguono un ritmo ciclico e per identificare eventuali sovrapposizioni con altre condizioni legate ai disturbi del ciclo mestruale.

E se riconosci i sintomi in te?

Se, osservando il tuo quotidiano, noti che i sintomi sono particolarmente intensi e persistenti, causando disagio e interferendo con le tue attività, potrebbe essere il momento di parlarne con uno specialista della salute mentale. Una valutazione accurata può aiutarti a capire se si tratta semplicemente di una variante della sindrome premestruale o se è necessario un intervento mirato per il Disturbo Disforico Premestruale (PMDD).

Conclusione

Conoscere il proprio corpo è il primo passo verso il benessere. Se ti riconosci in questi sintomi, non esitare a cercare supporto: ogni donna merita di sentirsi al meglio, in ogni fase del ciclo mestruale. Continua a informarti, ascolta il tuo corpo e, se necessario, affidati a un professionista per ritrovare l’equilibrio che meriti.

Fonti

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Gennaio è appena iniziato, e con lui le classiche liste di buoni propositi: iscriversi in palestra, risparmiare di più, migliorare il proprio stile di vita... Ma quante di queste intenzioni resistono più di qualche settimana? Spesso, la rincorsa al miglioramento si trasforma in una corsa a ostacoli contro il tempo, la motivazione e, a volte, anche contro noi stessi.

E se quest’anno provassimo qualcosa di diverso? Invece di focalizzarci solo su ciò che manca, perché non iniziare dando valore a ciò che già abbiamo? La gratitudine, una potente ma spesso sottovalutata emozione, potrebbe essere il segreto per rendere i buoni propositi non solo sostenibili, ma anche più significativi.

Buoni propositi e gratitudine: come iniziare bene il nuovo anno

L’inizio di un nuovo anno porta con sé l’entusiasmo dei buoni propositi: mantenersi in forma, dedicare più tempo agli studi, risparmiare denaro… In sintesi, migliorarsi. Tuttavia, trasformare queste intenzioni in realtà è spesso più complicato del previsto, e l’entusiasmo iniziale lascia rapidamente spazio a scoraggiamento e frustrazione.

Ecco perché vale la pena considerare un approccio diverso, includendo nei nostri obiettivi un elemento spesso trascurato: la gratitudine.

Perché includere la gratitudine nei buoni propositi?

Quando pensiamo ai propositi per il nuovo anno, tendiamo a concentrarci su ciò che vorremmo cambiare o ottenere. Ma questo approccio, focalizzato sulla mancanza, può farci perdere di vista quanto di positivo già esiste nella nostra vita.

La gratitudine, al contrario, ci invita a soffermarci su ciò che abbiamo, apprezzando le piccole e grandi cose che contribuiscono al nostro benessere. Questo non solo aiuta a migliorare la qualità delle nostre relazioni, ma ci rende anche più resilienti e soddisfatti.

I benefici della gratitudine

Numerosi studi dimostrano che coltivare la gratitudine ha effetti significativi su diversi aspetti della nostra vita:

Rendere i buoni propositi sostenibili

Molti abbandonano i propri obiettivi perché sottovalutano quanto siano influenzati da fattori esterni. Ecco alcune strategie per mantenere alta la motivazione:

Come coltivare la gratitudine ogni giorno

Oltre a pianificare i nostri obiettivi, possiamo adottare semplici pratiche quotidiane per sviluppare una mentalità più grata:

Coltivare la gratitudine non solo migliora il nostro benessere emotivo, ma ci aiuta a vivere i nostri obiettivi con una prospettiva più positiva e sostenibile. Proviamo a partire da qui: apprezzare il viaggio, non solo la meta.

Bibliografia

Froh, J.J., Bono, G. & Emmons, R. Being grateful is beyond good manners: Gratitude and motivation tocontribute to society among early adolescents. Motiv Emot 34, 144–157 (2010). https://doi.org/10.1007/s11031-010-9163-z

Koehler, Derek & White, Rebecca. (2010). Good Intentions, Optimistic Self-Predictions, and Missed Opportunities. Social Psychological and Personality Science. 1. 10.1177/1948550610375722.

Rogers, Todd & Milkman, Katherine & Norton, Michael. (2015). Beyond good intentions: Prompting people to make plans improves follow-through on important tasks. Behavioral Science & Policy. 1. 33-41. 10.1353/bsp.2015.0011.

Wood, A. M., Froh, J. J., & Geraghty, A. W. (2010). Gratitude and well-being: a review and theoretical integration. Clinical psychology review, 30(7), 890–905. https://doi.org/10.1016/j.cpr.2010.03.005

Le festività natalizie, pur essendo un periodo di gioia e condivisione per molti, possono anche essere fonte di vissuti negativi per altri. Il cosiddetto "Christmas blues" o "malinconia natalizia" non è una diagnosi clinica specifica, ma descrive un insieme di sentimenti che possono insorgere durante le festività: si tratta di sensazioni temporanee di ansia o tristezza, spesso associate a fattori legati a questo periodo dell'anno.

La malinconia natalizia può manifestarsi in diversi modi, come senso di solitudine, tristezza, stanchezza, tensione, senso di perdita, irritabilità. È importante sottolineare che, sebbene il periodo natalizio sia spesso associato a un aumento di sentimenti negativi, non esiste un aumento drastico dei suicidi durante le festività, contrariamente a una credenza popolare.

Perché accade?

Diversi fattori possono contribuire all'insorgere del Christmas blues:

Cosa fare per sentirsi meglio?

Se stai vivendo sentimenti di ansia o depressione durante le festività, è importante chiedere aiuto. Parla con amici, familiari o un professionista della salute mentale. Il Christmas blues è una condizione temporanea, e con il giusto supporto è possibile superare questo periodo difficile. Prenditi cura di te stesso, concediti momenti di relax e cerca di concentrarti su ciò che ti rende felice, ricordandoti che chiedere aiuto è un segno di forza e che moltissime persone, contrariamente a quanto sembri, vivono il periodo natalizio con estrema fatica.
Ecco alcuni piccoli consigli che possono aiutarti a superare questo periodo:

Bibliografia

Greenstein L. (2015) Tips for Managing the Holiday Blues. National Alliance on Mental Illness, from: https://www.nami.org/

R Adams Cowley Shock Trauma Center, University of Marylan (n.d). Holiday Blues, from: https://www.umms.org/

Sansone, R. A., & Sansone, L. A. (2011). The Christmas effect on psychopathology. Innovations in clinical neuroscience8(12), 10–13.

La maggior parte delle coppie nei paesi occidentali si definisce monogama, struttura cioè la propria relazione sulla base dell’esclusività reciproca. Ciononostante, è bene sottolineare che esistano diversi altri modi per stare in relazione. In questo articolo ne illustreremo alcuni.

Cos’è la monogamia?

Intanto iniziamo col dirci cos’è la monogamia. Con il termine monogamia s’intende una relazione coniugale con una sola persona, ma il termine comunemente abbraccia anche un tipo di relazione in cui vi è esclusività sia romantica che sessuale. La forma più comune è la monogamia seriale, nella quale si hanno diversi partner nel corso della vita, ma soltanto uno per volta. Differentemente dalla monogamia tradizionale, che riguarda un impegno di lunga durata o a vita con una persona, la monogamia seriale comprende l’eventualità della rottura e, dunque, di intraprendere nuove relazioni monogame dopo la fine delle precedenti.

Quali altri tipi di relazioni esistono?

Ma arriviamo al dunque, esistono diversi tipi di Non Monogamie Consensuali che si differenziano tra di loro per le diverse caratteristiche sulle interazioni sessuali e/o romantiche con altre persone. Fra esse si annoverano:

Questi tipi di relazione nascono da una negoziazione e un reciproco accordo tra due, o più persone, riguardo “le regole” da seguire rispettivamente per non tradirne la fiducia. Avere una relazione non monogama, infatti, non vuol dire esentarsi dal rispetto della persona con cui si entra in relazione, ma cercare insieme all’altro quali sono i confini entro cui poter esprimersi, sempre all’insegna del consenso.

Perché spesso queste relazioni non ci sembrano “normali”?

Partiamo, anzitutto, da come definiamo qualcosa come “normale”.

Attraverso le norme sociali, le persone definiscono quali sono i modi appropriati di comportamento all’interno del proprio gruppo. Questo insieme di conoscenze rispetto al “cosa sia normale” nasce dal conformismo verso il comportamento praticato dalla maggioranza, al fine di mantenere buone relazioni con il gruppo e non correre il rischio di esserne estromessi.

Perciò la mononormatività, ovvero la norma sociale che prevede l’instaurarsi di relazioni monogame, è un dato culturalmente trasmesso. È importante sottolineare che parte di queste regole siano state applicate con un doppio standard di genere, per il quale è tollerabile che un uomo abbia interazioni sessuali - persino romantiche - al di fuori della coppia, mentre per la donna non lo è.

Anche se le norme sociali tendono ad essere stabili esse cambiano con il variare delle circostanze, come è accaduto negli ultimi decenni con il passaggio dalla monogamia tradizionale alle più frequenti relazioni di breve durata, e all’accettazione della sessualità occasionale.

Il superamento di alcune norme rigide in ambito relazionale sta facendo emergere diverse possibilità in cui una persona o una coppia possono ricercare una maggior soddisfazione autentica.

Purché si tratti di una relazione etica nella quale ci sia rispetto delle regole, parità di genere e consenso, anche queste nuove forme di relazione possono diventare legittime e “normali”.

Come posso instaurare questo tipo di relazione con un partner?

L’identità sessuale e relazionale di ciascuno di noi è complessa, pertanto non possono esistere regole o standard da raggiungere per poter definirsi non-monogami. Si tratta piuttosto di aprirsi con il proprio partner per conoscere e far conoscere i propri bisogni e desideri, in modo da trovare dei compromessi che possano essere di volta in volta ridiscussi per individuare la miglior forma di relazione per tutte le parti.

Le forme di relazione descritte prima sono solo delle categorie linguistiche, ma ogni coppia potrà trovare la formula che rispecchi al meglio le proprie necessità e rispetti i limiti dell’altro.

Di seguito alcuni consigli utili per chi si addentra nel mondo delle non-monogamie:

Bibliografia

Braida, N. (2023). Non-monogamie affettive consensuali e (de) politicizzazione.: Una riflessione sul potenziale trasformativo del poliamore. AG About Gender-International Journal of Gender Studies, 12(23).

En-Griffiths, D., Cardoso, D., En, B., Barker, M. J., Muscarina, S., & Pallotta-Chiarolli, M. (2018). Non-monogamies and contemporary intimacies. Graduate Journal of Social Science, 14, 4-7.

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Sheff, E., & Tesene, M. M. (2015). Consensual non-monogamies in industrialized nations. In J. DeLamater & R. F. Plante, Handbook of the sociology of sexualities (pp. 223–241). Springer International Publishing/Springer Nature. https://doi.org/10.1007/978-3-319-17341-2_13