G.A.P - Giulia Amandolesi psicologa

Le esperienze vissute da bambini e da adolescenti con i nostri genitori influenzano profondamente gli adulti che diventiamo.

Crescere con genitori emotivamente presenti, capaci di sintonizzarsi con i nostri bisogni, significa respirare amore, stabilità e fiducia. Ma quando questo manca, resta un vuoto difficile da colmare: la ferita invisibile di non essere mai stati veramente visti.

Radici fragili

Prima di esplorare le possibili conseguenze a lungo termine del crescere con genitori emotivamente immaturi, è fondamentale chiarire che cosa si intende con questa espressione.

Ecco alcuni comportamenti tipici di un genitore emotivamente immaturo:

Queste dinamiche, spesso invisibili, possono insinuarsi nei gesti quotidiani e lasciare segni profondi: l’adultizzazione.

Adulti troppo presto

Crescere con uno o entrambi i genitori emotivamente immaturi lascia spesso un’impronta profonda, anche se non sempre visibile. Chi vive questa esperienza impara presto ad adattarsi, a “farsi grande” prima del tempo, mettendo da parte i propri bisogni per gestire quelli degli adulti.
Il risultato? Un’infanzia accelerata, in cui la sicurezza emotiva diventa un lusso e l’autonomia una necessità precoce.

Quando un genitore riversa le proprie difficoltà emotive sul figlio, quest’ultimo può sviluppare un senso di dovere: “salvarlo”. E così:

In questi contesti i ruoli si invertono: i figli diventano genitori dei propri genitori. A rafforzare queste dinamiche ci sono la manipolazione emotiva e il controllo psicologico. I confini personali saltano, l’indipendenza viene ostacolata e l’autonomia soffocata.

Tutto questo compromette la possibilità di costruirsi la base essenziale per un buon funzionamento adulto.

Strategie per rimettersi al centro

Se ti sei riconosciuto in queste dinamiche, sappi che non è mai troppo tardi per riscrivere la tua storia. Acquisire la consapevolezza di essere stati adultizzati è un primo importante passo. Con gli strumenti giusti è possibile tornare a occuparsi di sé.

Ecco alcuni spunti che potrebbero accompagnarti in questo percorso:

Conclusione

Dopo la lettura di queste parole potresti aver trovato conferma che la tua infanzia ha avuto qualcosa di “diverso”, oppure potrebbe essere sorto il dubbio solo ora. Con questa consapevolezza potrebbero essere giunte emozioni forti: dolore, rabbia, confusione. È normale. Dare nome a ciò che si è vissuto non cancella il passato ma apre la possibilità di comprenderlo meglio e iniziare a prendersene cura. Ora puoi essere tu a scegliere.

Bibliografia

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Gibson, L. C. (2015). Adult children of emotionally immature parents: How to heal from distant, rejecting, or self-involved parents. New Harbinger Publications.

Durante una cena un nostro amico racconta con entusiasmo la sua ultima vacanza: lo ascoltiamo e immaginiamo quanto sarebbe bello visitare quei luoghi.
Apriamo i social e compare la foto di un influencer che seguiamo: il suo fisico scolpito ci ricorda che forse potremmo prenderci più cura di noi. Poi, ci chiama una nostra collega, ci racconta felice della sua promozione e ci chiediamo se stiamo facendo abbastanza per avanzare nella nostra carriera.

Sono sicura che anche la tua mente, almeno una volta nella vita, è stata attraversata da un pensiero simile. Paragonarsi agli altri è normale e a volte ci incoraggia a migliorare. Altre volte, invece, confrontare la propria vita a quelle “perfette” degli altri diventa eccessivo e può portare a sperimentare senso di inadeguatezza e frustrazione.

Dal confronto all’ansia: cosa succede dentro di noi?

È un fenomeno molto recente e estremamente legato ai social, che prende il nome di comparansia, ossia ansia da confronto sociale. Tale condizione non è presente nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM) ma può avere un impatto significativo sul benessere, ad esempio minando l’autostima e contribuendo a un senso di insoddisfazione costante.

Da dove nasce l’ansia da comparazione?

La comparansia nasce da un insieme di fattori psicologici e sociali, amplificati dall’uso dei social media. Ecco alcune delle principali dinamiche che la alimentano:

Consigli per un confronto che non fa male

Paragonarsi agli altri non ha solo aspetti negativi: può motivare, può aiutarci a crescere, può farci apprendere e ci può ispirare. È bene, però, che il confronto con le vite altrui non diventi distruttivo. Se, ogni tanto, ti capita di pensare di avere meno valore degli altri ti diamo qualche idea per favorire un’idea di te più equilibrata:

Conclusione

Paragonare la vita degli altri alla tua senza tenere conto dell’unicità di ognuno è estremamente fuorviante. Ognuno ha il proprio ritmo, ha a disposizione strumenti e risorse diverse e porta con sé esperienze personali uniche. Tutti questi elementi contribuiscono a renderci quello che siamo.

Non lasciare che il confronto con gli altri ti distragga e ti faccia perdere fiducia nelle tue capacità. Ognuno ha il suo percorso e misurarsi costantemente con gli altri può impedire di apprezzare quanto stai crescendo.

BIBLIOGRAFIA

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L’amicizia è spesso considerata secondaria rispetto alle relazioni romantiche o familiari, ma il suo valore non è affatto inferiore. L’idea che l’essere umano sia un animale sociale non è solo una teoria filosofica: anche le ricerche contemporanee lo confermano. Infatti, la letteratura scientifica mostra chiaramente quanto il nostro benessere dipenda dalla quantità e, soprattutto, dalla qualità delle relazioni presenti nella nostra vita. Uno studio emblematico, diretto dal Professor R. Waldinger e in corso da 86 anni, ha evidenziato che ciò che rende la vita appagante e ricca di significato sono proprio le relazioni. Più queste sono forti, infatti, più è probabile che si viva felici, soddisfatti e in salute.

Come influisce l'amicizia sul nostro benessere?

La frenesia della società contemporanea spesso ci porta a essere troppo impegnati a gestire il lavoro e la vita quotidiana, con il rischio di trascurare ciò che ci fa stare bene, come passare del tempo con gli amici. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che investire tempo e risorse nelle relazioni interpersonali è prezioso per il proprio benessere. I benefici di coltivare amicizie autentiche sono numerosi:

In definitiva, le relazioni autentiche non sono solo una fonte di conforto, ma una vera e propria strategia di benessere a lungo termine.

Cosa possiamo fare per coltivare e rafforzare i legami che contano davvero?

In alcuni periodi di vita può risultare complicato mantenere delle relazioni sociali. Ciò che possiamo tenere a mente è che, per mostrare a un amico la nostra presenza, sono sufficienti piccoli gesti.

Alcune strategie utili per rafforzare i legami che fanno parte della tua vita sono:

Conclusione

"Chi trova un amico trova un tesoro" non è solo un proverbio, ma una verità profonda. Con un vero amico ci si sente a proprio agio, possiamo essere noi stessi ed è più facile parlare di tutto. Specialmente quando ci sentiamo in difficoltà e ci sembra che niente e nessuno potrebbe aiutarci o farci stare meglio, percepire che qualcuno ci supporta è molto importante. Ma l’amicizia non si nutre da sola: ha bisogno di gesti, di parole, di presenza. E a volte basta pochissimo. Un messaggio, una telefonata, un “ti penso” nel momento giusto possono diventare piccoli ancoraggi nelle giornate di chi amiamo.

Allora perché aspettare? Prenditi un minuto ora, manda quel messaggio, fai sapere a quella persona quanto è importante per te. È proprio da questi gesti semplici che nascono i legami che ci tengono in piedi, ci scaldano il cuore e rendono la vita più bella.

Fonti

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Waldinger, R., & Schulz, M. (2023). The good life: Lessons from the world’s longest scientific study of happiness. Simon and Schuster.

Perché è importante dire quando qualcosa non va?

Succede ogni giorno, in contesti diversi.

Ci viene chiesto “Come stai?” e rispondiamo “Bene, grazie” in modo automatico, anche quando non è completamente vero. Succede al supermercato, per cortesia; con gli amici, per evitare di sembrare pesanti; sul lavoro, per paura di mostrarsi vulnerabili.

Ma la verità è che tutti attraversiamo momenti difficili, e concederci il diritto di essere sinceri, almeno con le persone giuste, potrebbe aiutarci a vivere relazioni più autentiche, migliorare il nostro benessere emotivo e anche a trovare conforto.

Non c’è nulla di sbagliato nel dire “oggi non è una gran giornata”. Anzi, potrebbe essere il primo passo per sentirci davvero ascoltati e favorire una maggiore consapevolezza emotiva.

Perché mentiamo?

Naturalmente il contesto e il rapporto con l’interlocutore giocano un ruolo enorme sul come rispondiamo.

Fingere di stare bene è un meccanismo che molte persone adottano per diverse ragioni.

Sicuramente la cultura contemporanea ha un ruolo: essa mette al primo posto felicità, benessere e successo e ci chiede (anzi pretende) di essere, o meglio di mostrarci, sempre “al top”. Ammettere momenti di difficoltà psicologiche ci potrebbe allontanare dalle aspettative che la società impone.

I motivi, però, possono essere anche di natura più personale.

E se rispondessimo sinceramente?

Fingere che tutto vada bene può essere faticoso e controproducente: mentire sulle difficoltà che si stanno attraversando o negare che ci siano non fa che ritardare l’opportunità di affrontarle davvero e risolverle.

Potrebbe sorprenderti scoprire che essere autentici ti permetterà di costruire relazioni interpersonali più solide e profonde e che essere sinceri può incoraggiare gli altri ad aprirsi, creando un ambiente di fiducia e supporto in cui poter condividere le difficoltà emotive e trovare comprensione.

Quindi:

Aprirsi sì, ma con chi ascolta davvero

Condividere con gli altri che si sta vivendo un momento difficile non è semplice. Per questo è fondamentale trovare le persone giuste e il contesto adeguato per esprimere ciò che sentiamo.

Non sempre gli interlocutori che scegliamo e le circostanze in cui ci troviamo permettono di ricevere il sostegno che cerchiamo.

In questi casi, ci si può rivolgere a un professionista.

Infatti, aprirsi è un percorso, e non deve avvenire forzatamente o con chiunque.

Se ne senti la necessità, una terapia psicologica potrà offrirti un ascolto sincero e strumenti per affrontare le difficoltà, aiutandoti a comprendere e gestire le emozioni in modo più efficace.

FONTI

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La società contemporanea ci induce a vivere a un ritmo frenetico, alimentato dall’avanzamento tecnologico che ci mantiene costantemente connessi.

Il rischio è quello di trovare spazio in agenda per tutto, tranne che per noi stessi.

Spesso finiamo quindi per desiderare una fuga, o un cambiamento radicale.

Non è detto, però, che scappare sia ciò che davvero desideriamo. Non da tutto almeno, ma da quel vortice quotidiano che ci prosciuga: notifiche, doveri, ruoli, aspettative.

Quando sentiamo il bisogno di “fuggire”, spesso non stiamo cercando evasione, ma respiro mentale.

È il segnale che qualcosa dentro di noi chiede una pausa rigenerativa, uno spazio in cui ricaricarsi e tornare a sentirsi interi, con effetti positivi sulla nostra salute mentale.

Perché non riusciamo a fermarci?

Non tutte le persone sono in grado di concedersi delle pause con facilità. I motivi possono essere diversi e spesso si intrecciano con emozioni profonde e dinamiche quotidiane.

Alcuni possono temere di deludere le aspettative degli altri o le proprie. Come molti genitori che si sentono in colpa se non dedicano ogni minuto ai propri figli, o quei manager che pensano di dover essere sempre disponibili, anche nelle ore di riposo.

Altri si mantengono occupati per rifuggire da pensieri ed emozioni spiacevoli, magari legate a situazioni di stress o disconnessione da sé stessi.

C’è chi avverte senso di colpa al pensiero di fermarsi, e sente nella propria testa una voce che dice “non ho fatto abbastanza”.

E poi ci sono quelli per cui è impossibile delegare, convinti che, se non se ne occuperanno in prima persona, il risultato sarà disastroso.

Ma la verità è che il vero disastro è non dedicarsi del tempo.

In fondo, cosa può succedere di così drammatico se ci prendiamo cura di noi stessi?

Invece di pensare a ciò che potrebbe andare storto, potremmo chiederci:

Che opportunità potrebbero aprirsi se oggi decidessi di prendermi cura di me stesso?


Fermarsi per non perdersi: il potere rigenerativo delle pause

Proprio come le batterie che necessitano di essere ricaricate, anche le nostre risorse fisiche e mentali hanno dei limiti.

Quando queste si esauriscono, emergono stanchezza, sovraccarico e stress emotivo.

La buona notizia è che prendersi una pausa può essere proprio ciò che serve per ritrovare benessere psicologico.

Ma cosa fare concretamente per sentirsi meglio?

Conclusione

Le proposte che abbiamo elencato sono solo alcune idee da cui puoi trarre ispirazione per trovare il modo più adatto a te di prenderti una pausa consapevole.

Non serve necessariamente avere molto tempo o risorse economiche: anche piccoli gesti quotidiani possono avere un impatto positivo sul tuo benessere emotivo.

Scambiare qualche parola con un collega durante una pausa caffè, per esempio, può alleggerire la giornata.

Se però senti che il lavoro, le responsabilità o l’ansia ti impediscono di fermarti e occuparti del tuo equilibrio, il primo passo potrebbe essere quello di chiedere supporto professionale.

Riconoscere il bisogno di cura non è un segno di debolezza, ma un atto di profondo rispetto verso te stesso.

FONTI

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Come il cambiamento climatico può influire sul nostro benessere mentale

Le notizie sulle conseguenze del cambiamento climatico sono sempre più frequenti e possono influire sul nostro benessere mentale. La maggiore consapevolezza riguardo alla salute del pianeta può essere costruttiva e portare all’adozione di abitudini sostenibili. Se però questa consapevolezza sfocia in una preoccupazione costante e intensa, accompagnata dalla sensazione di sentirsi profondamente incapaci di agire, potrebbe trattarsi di ecoansia.

In che modo il cambiamento climatico influisce sul benessere psicologico?

Solo negli ultimi anni si è iniziato ad approfondire il legame tra cambiamento climatico e salute mentale. Le ricerche più recenti hanno individuato tre modalità principali attraverso cui il clima impatta sul benessere psicologico:

  1. Esposizione diretta a eventi climatici estremi (inondazioni, incendi, siccità);
  2. Esposizione indiretta, come danni fisici o trasferimenti forzati;
  3. Consapevolezza costante della gravità del cambiamento climatico.

Queste esperienze possono generare l’idea che il problema climatico sia inarrestabile, alimentando frustrazione e senso di impotenza. In alcuni casi, per difendersi da emozioni opprimenti, si può arrivare anche a negare l’esistenza del problema climatico.

Non dobbiamo però sottovalutare come ci sentiamo.

Essere esposti — direttamente o attraverso i media — a eventi estremi può contribuire allo sviluppo o al peggioramento di disturbi come ansia, depressione, insonnia e persino pensieri suicidari.

L’ecoansia è più comune di quanto si pensi

Uno studio condotto su oltre 52.000 persone in 25 Paesi europei ha rivelato che quasi la metà dei partecipanti si sente molto o estremamente preoccupata per il cambiamento climatico.

Un’altra ricerca, su giovani under 25 di 10 Paesi, ha evidenziato che il 45% ritiene che l’ansia climatica influenzi negativamente la propria vita quotidiana.

Cosa fare per affrontare l’ecoansia e stare meglio

Essere preoccupati per le condizioni del pianeta è normale e può rappresentare una spinta positiva all’azione. Ma quando l’ansia e la frustrazione diventano paralizzanti o ossessive, è importante chiedere supporto.

Anche se l’ecoansia non è ancora riconosciuta come diagnosi clinica, può essere utile parlarne con un professionista per tutelare la propria salute mentale.

Per approfondire l’argomento “ecoansia”, qui trovi il nostro intervento a SayWaaad? per Radio Deejay.

FONTI

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