La sessualità è ovunque: ne parlano i media, i social, persino le pubblicità. Ma nonostante tutta questa esposizione, alcune esperienze restano nell’ombra. Una di queste, poco compresa e spesso ridotta a stereotipo, è l’asessualità.
Essere asessuali vuol dire non provare attrazione sessuale verso altre persone, un concetto che ancora oggi può risultare poco chiaro e generare incomprensioni.
È fondamentale sottolineare subito che non provare attrazione sessuale non significa non provare affetto, emozioni o il desiderio di stabilire legami affettivi o romantici profondi con gli altri. L'asessualità è infatti considerata un orientamento sessuale a tutti gli effetti, caratterizzato dall'assenza di attrazione sessuale, e può manifestarsi in diversi gradi e modalità, dalle esperienze totalmente prive di attrazione a quelle caratterizzate da un interesse molto limitato o condizionato.
L’asessualità è un termine ombrello che include l'esperienza di molte persone diverse.
Alcune non provano attrazione sessuale in nessun contesto, mentre altre possono sperimentarla in circostanze specifiche o con determinate persone - è il caso, ad esempio, delle persone demisessuali, che provano attrazione sessuale solo quando si instaura un forte legame emotivo. Altre ancora si identificano come gray-asessuali (o grigi-asessuali), perché vivono l’attrazione in modo raro o incostante.
In altre parole, le persone asessuali non hanno tutte ugualmente un disinteresse totale per il sesso. Infatti, in alcuni casi possono scegliere di avere rapporti per piacere, per curiosità o per rafforzare l’intimità con il partner; in altri, invece, preferiscono evitarli del tutto. L’asessualità non definisce ciò che si fa, ma ciò che si prova o, meglio, ciò che non si prova. Inoltre, tra le persone asessuali ci sono anche preferenze diverse rispetto alle relazioni sentimentali: alcune si innamorano e desiderano relazioni romantiche, altre non provano attrazione romantica ma costruiscono comunque relazioni significative, basate sull’affetto, la complicità e la cura reciproca.
Nonostante l’asessualità sia un orientamento sessuale a tutti gli effetti, spesso non viene riconosciuta o discussa con apertura - nemmeno all’interno delle stesse comunità LGBTQ+. Questa invisibilità può far sentire chi si identifica come asessuale escluso, non rappresentato, o addirittura “sbagliato”.
In un contesto culturale in cui la sessualità è vista come un indicatore di salute, maturità o desiderabilità, non provare attrazione in tal senso viene talvolta percepito come un’anomalia da correggere.
Molte persone asessuali si sono sentite dire che “è solo una fase”, che “devono ancora trovare la persona giusta” o che hanno semplicemente un blocco psicologico da risolvere. Questo atteggiamento contribuisce a una vera e propria patologizzazione dell’asessualità, che viene letta come un sintomo di trauma, depressione o repressione. Non è raro che queste persone si sentano spinte a cambiare, a sottoporsi a terapie non richieste o a forzarsi in relazioni e comportamenti che non rispecchiano il proprio sentire autentico.
Queste pressioni sociali, spesso accompagnate da un senso di inadeguatezza o di solitudine, possono avere un impatto significativo sul benessere psicologico.
Riconoscere e validare l’asessualità come esperienza autentica - non come mancanza o difetto - è fondamentale non solo per chi la vive, ma anche per costruire una società più inclusiva, capace di accogliere la diversità dei modi in cui si può vivere l’affettività, il desiderio e le relazioni.
Se ti riconosci in questa descrizione e stai cercando qualche consiglio per iniziare il tuo percorso, prova a considerare questi suggerimenti:
Bibliografia